


 B. BARTOKRivelatosi ottimo pianista fin da  fanciullo, si perfezionò all'Accademia Musicale di Budapest, imponendosi  all'attenzione del pubblico internazionale già nei primi anni del secolo.
  Nello stesso tempo incominciò con Kodaly  a occuparsi del canto popolare del suo Paese, svolgendo per un decennio  un'attività intensa di raccoglitore e trascrittore del ricchissimo patrimonio  musicale folklorico dei Balcani e arabo.
Dal 1907 insegnò pianoforte all'Accademia  di Budapest, sempre tenendo ampie tournèes concertistiche in patria e  all'estero, anche in duo con la moglie e col violinista Szigeti.
Circondato dall'ammirazione e dalla stima  dei suoi contemporanei, nel 1939 lasciò per ragioni politiche l'Ungheria  stabilendosi negli Stati Uniti, dove tenne conferenze e si dedicò al  concertismo e all'insegnamento, senza riuscire peraltro a inserirsi interamente  in questo paese a lui estraneo, tanto che pochi anni dopo moriva in solitudine e  nella miseria più nera.
Influenzato all'epoca  della sua formazione soprattutto dalle grandi correnti della musica  centro-europea, da Brahms a Wagner, sino all'impressionismo di Debussy e Ravel,  Bartok si volse gradualmente allo studio del patrimonio musicale popolare del  suo paese, traendone suggerimenti decisivi per la sua produzione.
  Egli sentì fortemente dopo il 1910 l'influsso dell'espressionismo di marca  viennese (Berg, Schoenberg e Webern) che in alcune opere posteriori è evidente.
Nelle ultime opere della maturità, invece, egli sembra aspirare a una distesa  semplicità di linguaggio, in cui fa appello decisamente a quella tonalità che  in alcune opere del periodo di mezzo era quasi giunto a rinnegare o comunque a  sottoporre a una critica severa.
Bartok  è autore - fra le altre cose - dell'opera "Il Castello di Barbablù"  (1918), de "Il Principe di legno" (1917) e "Il Mandarino  meraviglioso" (balletto, 1919); di tre concerti per pianoforte e orchestra  e altri brani con orchestra.
Ma nella sua  produzione conserva un posto di primo piano anche la musica da camera, in  particolare i sei grandiosi quartetti (1908-39), i pezzi per strumenti diversi e  pianoforte e quelli per pianoforte solo (tra cui il Mikrokosmos, l'unico metodo  d'insegnamento pianistico basato su criteri di una – per allora -  spregiudicata modernità).